In questi giorni di permanenza forzata in casa non ci resta che viaggiare con la mente. L’occasione è servita per sistemare foto e narrazione del viaggio a Caponord compiuto a giugno 2014 in sella al vecchio ferro!

Su Caponord è stato scritto di tutto, si sa… qualcosa avevo letto prima della partenza, altro dopo il rientro, confrontandolo con la mia esperienza… quasi nulla è stato come immaginato. Non posso dire se sia stato migliore, o no. Ho provato una sensazione molto simile a quella di quando si guarda un film dopo averne letto il libro.

3 giugno, martedì – (Città di Castello – Fussen)

L’idea era di partire di prima mattina, ma un po’ per la stanchezza accumulata nei giorni precedenti e non smaltita a solo un giorno dal matrimonio, un po’ per alcune ultime faccende da sbrigare, riusciamo a metterci in viaggio solo verso mezzogiorno.

Ovviamente in direzione nord! Imbocco la SS3bis-E45, ma a Cesena, vuoi l’emozione di essere partiti, vuoi che mi distraggo parlando all’interfono con mia moglie, non prendo l’A14 verso Bologna. Mi accorgo del pasticcio solo a Ravenna e così perdo altro tempo percorrendo strade statali fino a Imola, dove, finalmente, imbocchiamo l’autostrada.

Il viaggio procede sotto il sole fino a Verona, dove ci vediamo costretti ad indossare gli antipioggia: brevi acquazzoni si alternernano a schiarite, con temperature via via in diminuzione in prossimità del confine austriaco. Poi, per chiudere in bellezza, dopo Innsbruck incontriamo un temporale di forte intensità che cessa solo al confine tedesco, proprio alle porte di Fussen, dove arriviamo sul far della sera. L’albergo, uno dei migliori di tutto il viaggio, per fortuna è già prenotato. Il tempo d’un bagno caldo e d’indossare abiti “civili” e fuori è già fatto buio: a quest’ora l’unico locale con la cucina ancora aperta è un ristorante italiano. E io che già pregustavo gli stinchi arrosto… pazienza, la birra almeno è buona!

4 giugno, mercoledì – (Fussen – Kassel)

Sveglia di buon’ora e abbondante colazione in albergo; alle nove siamo in sella per percorrere un po’ di Romantische Straße. Ci concediamo un frugale passaggio ai piedi del magnifico castello di Neuschwanstein, dove scattiamo qualche foto e via verso Augusburga. La strada romantica è molto bella, ma, come temevamo, è altrettanto lenta da percorrere, così, dopo un po’, l’abbandoniamo in favore di una strada più scorrevole, che lambisce i tanti paesini bavaresi senza attraversarli, offrendo comunque dei bei scorci sul paesaggio bucolico. A tratti, invero, credo che il percorso della Romantische Straße sia proprio coincidente con la statale in questione, ma non ne ricordo la numerazione e quindi non posso garantirlo! Raggiunta Augsburg, le gomme della moto calpestano finalmente il suolo di un’autoban, da cui usciamo a Rothenburg ob der Tauber, che visitiamo abbastanza velocemente a causa di un imminente acquazzone. Il tempo atmosferico ci grazia qualche decina di minuti, ma alla ripartenza inizia a dar sfogo al carico di pioggia, che ci accompagnerà fino a Kassel.

5 giugno, giovedì – (Kassel – Kristiansand)

La Germania è lunga da attraversare, ma sappiamo che l’ultimo traghetto che salpa da Hirtshals, in Danimarca, alla volta di Kristiansand, in Norvegia, lo farà alle 20.45 per raggiungere il porto d’attracco alle 24.00; quello successivo non partirà sino al pomeriggio dell’indomani ed arriverà solo a sera: non possiamo permetterci di perdere tutto questo tempo, così la parola d’ordine del giorno è “Norvegia entro mezzanotte!”.

Ci attendevamo una giornata non proprio riposante, ma l’infinità di lavori in corso e relativi rallentamenti che abbiamo incontrato sul suolo teutonico hanno reso la cavalcata più ardua del previsto. Se aggiungiamo che abbiamo attraversato quasi tutta la Danimarca sotto una pioggia battente, in aumento man mano che ci avvicinavamo al porto, con progressivo calo della temperatura, penso di aver reso l’idea di che bella giornatina sia stata. In ogni modo, verso le 19.30 raggiungiamo l’imbarco; siamo infreddoliti al punto che, seppur avessi le manopole riscaldate al massimo, le mani erano talmente algide da non riuscire a quasi scrivere il mio nome con una grafia leggibile sulla carta d’imbarco. Ci riscaldiamo in sala d’attesa e presto arriva la nave: sono il primo a salire. A bordo la stanchezza è tale da aver annientato anche la fame (o forse non abbiamo digerito l’hot dog mangiato in precedenza) tant’è che ceniamo con un thé caldo ed una buona pasta danese, che, vista la quantità di burro impiegata per la realizzazione, credo fornisca l’apporto calorico che un dietologo consiglierebbe per un anno! La pioggia incontrata in Danimarca non ci lascia nemmeno durante la traversata, così sbarchiamo a Kristiansand a notte fonda, sotto la pioggia; per fortuna il Thon Hotel prenotato nel frattempo è proprio in prossimità del porto. Poco prima dell’una riusciamo a godere del meritato riposo.

6 giugno, venerdì – (Kristiansand – Stavanger)

Il risveglio è burrascoso perché alle nove del mattino una sirena antincendio ci butta giù dal letto, non ho ancora capito se sia stato un falso allarme, o un modo per far alzare anche gli ospiti meno mattinieri. In compenso in hotel i pasti vengono serviti in una bella sala, tutta arredata in legno nel più classico stile nordico, dove gustiamo la nostra colazione.

La sera precedente, quando il traghetto era quasi arrivato in porto, abbiamo incontrato un italiano: un camionista di Mestre, che effettua consegne di mobili in Norvegia. Questi ci ha consigliato di salire lungo la costa, precisamente seguendo la E39, in quanto avremmo attraversato un’infinità di fiordi, da superare servendoci di traghetti, ponti e tunnel sottomarini. Decidiamo di seguire il suo consiglio e, dopo un breve giro per la graziosa cittadina che ci ha ospitati per la notte, prendiamo la strada consigliataci in direzione di Stavanger.

Un piccolo contrattempo rischia subito di darci seri problemi: in un distributore di benzina, fatto il pieno, vado a mettere la moto sul cavalletto laterale, ma l’asfalto, forse indebolito dagli idrocarburi assorbiti nel tempo, si sgretola sotto il peso della ghisa, lasciando cadere il bisonte a terra. Io mi rendo conto di quanto stia accadendo e cerco di tenere la bestia, tuttavia cercare di prendere “al volo” un’adventure carica di bagagli e con il pieno di benzina in pancia è impresa impossibile; riesco però a rallentarne la caduta quel tano che basta a non ammaccare la borsa laterale. Per fortuna la moto non ha subito neanche un graffio, ma rialzarla non è stato facile, rendendo necessario l’intervento di un automobilista norvegese, che prima ha osservato divertito tutte la scena, poi ha strabuzzato gli occhi quando ha compreso il peso della moto.

Il tratto di strada percorso non è affatto bello, almeno la prima parte: c’è qualche ponte interessante, forse un paio di tunnel, ma non offre gran che… l’ultimo tratto costeggia un fiordo e offre qualche scorcio su di esso, ma niente di esaltante. Mi torna in mente quello che ha detto in italiano stentato il marittimo norvegese, quando la sera prima abbiamo legato la moto sulla stiva del traghetto: “in Italia avete pizza, fi*a, vino, tutto… che venite a fare qui? piove sempre e non c’è un ca**o”.  Per un attimo mi sorge anche il dubbio che abbia ragione, poi penso che siamo solo all’inizio del viaggio e che non posso giudicare un’intero stato dai primi cento chilometri.

Al mattino, quando siamo partiti da Kristiansand il cielo era nuvoloso, ma ora a Stavanger il cielo e terso e c’è un bel sole. Troviamo velocemente alloggio al solito Hotel Tohn e usciamo per un giro della cittadina, che si presenta molto graziosa, anche se l’aria è carica di odore di letame, come nei piccoli centri della bassa padana o delle pianure tedesche.

Consultando la guida, decidiamo di mangiare in un locale del lungomare. E’ un pub ristorante su due livelli arredato con oggetti provenienti d vecchuie barche. Ha anche un bar dallo stile molto più moderno e internazionale. La guida dice che i locali prediligono mangiare al piano superiore, ma, salite le scale, ci accorgiamo che al primo piano è in corso un ricevimento nuziale. Sposi e invitati, elegantemente vestiti sorseggiano le loro pinte di birra, stuzzicando quà e là. Mia moglie ed io ci guardiamo sorridendo e scendiamo di sotto, mentre il pensiero vola inevitabilmente al nostro ricevimento di qualche giorno prima. Cena ottima, ma incredibilmente cara. Sapevamo che i ristoranti norvegesi non sono economici, ma non pensavo, o non volevo credere che fossero così esosi: due antipasti, due piatti di carne, due dolci con una birra e una coca per l’equivalente in nok di circa 170/180 euro! Dopo cena usciamo sul lungomare e, senza rendercene bene conto, abbiamo il primo assaggio di luce continua: sono passate le 23 e anche se il sole è ormai sotto l’orizzonte c’è ancora luce.

7 giugno, sabato (Stavanger – Balestrand)

Ci svegliamo presto a causa della luce, a cui non siamo ancora abituati e del gran caldo patito in camera. Qui si dorme scoperti o con il piumone, nel primo caso è freddo, nel secondo ci si scioglie, non vi sono altre possibilità, se non quella di coprirsi solo parzialmente…

Solita colazione abbondante (sarà una costante del viaggio) e via verso Bergen. Il cielo è ancora terso e le temperature miti; con queste condizioni prendiamo il primo di una lunga serie di traghetti che ci consentiranno di superare i tanti fiordi che s’incuneano nell’entroterra. Qui facciamo conoscenza con una coppia di bikers indigeni; sono moglie e marito, vengno da Oslo e ci raccontano che l’anno precedente sono stati a Roma in moto. Domandano dove siamo diretti e, quando timidamente dico che la nostra meta è Caponord, ci chiedono se siamo sicuri, mettendoci in guardia sulle distanze e sulle basse temperature che incontreremo. Ribadiamo che ci proveremo, se poi non sarà possibile pazienza, l’obiettivo minimo sono le Lofoten, poi si vedrà!

Dal traghetto intanto godiamo di qualche bello scorcio sul fiordo che stiamo attraversando, anche la strada percorsa è molto più piacevole di quella del giorno prima e quella da fare lo si preannuncia altrettanto. Siamo felici e quasi non ci rendiamo conto di quanta strada abbiamo già percorso e di quanta ne abbiamo ancora davanti.

I nostri amici dicono che Bergen è vicino e che, quindi, non ci conviene passare la notte lì, anche se per bellezza lo meriterebbe. Meglio andare più avanti, abbandonado per un po’ la E39, costeggiando il Sognefiord (uno dei migliori della Norvegia) e pernottando a Balestrand, cittadina in cui loro non sono mai stati, ma di cui hanno sempre sentito parlar bene, persino in televisione! Decidiamo di seguire il loro consiglio.

Nel pomeriggio intanto arriviamo a Bergen, parcheggio la moto proprio lungo il porto e visitiamo il il quartiere anseatico e il mercato del pesce. Qui conosciamo prima una ragazza di Brescia, poi una spagnola con cui sfoggio il castellano imparato in erasmus. Su loro consiglio degustiamo crudità di gamberetti e gambero reale, salmone e persino un po’ di balena, mentre ci raccontano di come sia duro vivere in Norvegia d’inverno, quando c’è luce solo tre ore al giorno e le temperature non sono certo miti. Dicono che quest’anno l’estate si preannuncia molto calda e, stranamente, da almeno un paio di settimane non hanno avuto precipitazioni, cosa davvero eccezionale. Riguardo la balena, non sono certo a favore della loro caccia, anzi… ma lì al porto di Bergen non potevamo certo esimerci da un piccolo assaggio!

Ripartiamo verso Balestrand, la cittadina consigliataci in mattinata. La strada abbandona la costa e s’inoltra nell’entroterra, costeggiando sempre acqua, a tratti non sappiamo distinguere se alla nostra destra ci sia un fiume, un lago o un fiordo, ma è comunque un bel panorama. Cambiamo ancora, ora anche la carreggiata è di dimensioni più ridotte ed il paesaggio è più montano, poi, in men che non si dica ci troviamo ai piedi di una ripida salita, che, a fianco di un’imponente cascata, scala in pugno di ripidi tornanti una parete rocciosa, alla cui sommità si estende un altipiano ghiacciato. Il posto è da favola, ma la temperatura divenuta bruscamente molto più rigida, ci coglie impreparati.

Presto iniziamo la discesa, mano a mano che ci avviciniamo al livello del mare l’aria si fa più calda ritemprandoci, mentre raggiungiamo il molo da cui partono i traghetti. E’ evidente che siamo fuori dalla rotta principale: la strada è più stretta, la biglietteria dei traghetti meno moderna e anche la banchina dove attraccano i traghetti è più spartana di quelle viste in mattinata. Per qualche giorno ancora il servizio pubblico osserva l’orario invernale, con corse ridotte, ma, per fortuna, riusciamo ad imbarcarci sull’ultimo traghetto della giornata. A bordo un bulgaro con la faccia non proprio rassicurante, vestito con una t-shirt piena di macchie si avvicina offrendosi, in italiano, di aiutarci a trovare alloggio. Declino. Lui insiste un po’, ma alla fine si allontana. Allo sbarco indugia a partire e temo che vogliaseguirci, io mi fermo e non riparto fin quando non lo abbia già fatto lui. Dopo qualche istante va per la sua strada, attendo ancora un po’ e poi riparto.

Il fiordo è bello e la strada consigliataci è stata davvero piacevole, ma a Balestrand non c’è proprio niente, solo qualche casa e due alberghi. Il primo è al completo, ma al secondo hanno una camera con vista sul fiordo, che al far della mezzanotte si tinge di rosa, mentre tutt’intorno c’è un silenzio indescrivibile, come non ho mai udito prima!